• Renew Europe IV

La mia candidatura a segretario regionale del Pd Basilicata

Il 3 dicembre il Partito Democratico della Basilicata avrà il suo Segretario ed è un atto di grande responsabilità per tutta la comunità democratica. Si apre un periodo di festa in cui finalmente ci potremmo confrontare sul merito, mantenendoci anche su posizioni diverse, ma dialogando su temi e proposte.

Oggi c’è un fatto inequivocabile: finisce il tempo del partito regione e si apre l’era del movimento delle comunità democratiche.

La mia idea è un partito che prova a dare risposte a quello che definisco il cerchio della politica, ossia le istanze del territorio, le politiche che si mettono in campo e le azioni che ne derivano, l’accountabilty ovvero il processo di valutazione di domanda e risposta, e infine su tutto quello che si è fatto con l’organizzazione del consenso. Voglio dare al Partito Democratico un approccio pragmatico e concreto perché le cose che contano sono quelle che si fanno. E non si può cercare la rottamazione purché sia, tanto meno pensare che tutto si risolva in un accordo tra blocchi di potere. C’è una idea, ci sono proposte e ne conseguono legittime ambizioni. Tutto questo è normale, è un processo in divenire, non la cristallizzazione di una immagine riflessa in uno specchio, la nostra, ma il trampolino per affacciarsi alla finestra e guardare il mondo che sta cambiando. Sarebbe un errore mortale non accorgersene o peggio pensare di reagire utilizzando modelli che sono retrò.

 
 

Ormai non ci distingue più il cosa, ma il come. Tutti siamo d’accordo su temi quali il lavoro, l’ambiente, la salute, la conoscenza, la democrazia nel Pd e fuori dal Pd. Il punto è il metodo. Ed è per questo che io penso che il primo punto su cui dobbiamo “rigenerare il partito democratico”, perché questa è un’opera di “rigenerazione”, sia proprio il metodo.

Ci vuole un patto chiaro tra generazioni diverse non solo dal punto di vista anagrafico ma anche sotto il profilo dell’esperienza istituzionale. Questo si traduce immaginando chi ci trasferirà l’esperienza con un passaggio del testimone, e chi dovrà avere invece l’obbligo di supportare e di contro la certezza di poter crescere. Ambisco ad un Pd a vocazione maggioritaria e immagino la costruzione di una nuova leadership collettiva in un campo larghissimo di forze progressiste dove un collante in più possa essere proprio il fattore generazionale, oltre che la comunanza di idee e principi e penso anche a chi oggi non è più nel Pd ma non è detto che non ci ritorni. Si chiama contendibilità di un partito e all’interno di un partito. Stiamo per celebrare un congresso fondativo dopo due anni di vacatio assoluta e totale di tutto ciò che attiene alla funzionalità di un partito e quindi alla democrazia.

Al patto delle generazioni si aggancia quello tra le città che devono prendersi per mano senza sciocchi campanilismi e abbracciare le periferie di questa regione. In un lavoro di rammendo, di mutuo sostegno, di costruzione di una identità senza steccati. Il vento della globalizzazione lo si affronta con la stabilità di una grande coesione interna accompagnata non da muri o recinti, ma dalla consapevolezza che possiamo offrire un contributo culturale di primo piano alla collettività nazionale.

 

Infine, dal 4 Dicembre, immagino un partito con una forte mobilitazione cognitiva regionale volta alla costruzione in pochissimi mesi, con un lavoro serrato, plurale, non di parte, di una piattaforma programmatica che sia la base per la prossima legislatura regionale.

Per realizzare questi tre grandi obiettivi immagino, innanzitutto, un coinvolgimento di chi ha resistito finora e quindi amministratori e segretari di partito, basta con questa logica di andare sempre oltre l’infinito.

Il Pd deve far entrare e accogliere la società civile perché le comunità democratiche sono tante e aspettano solo di essere interconnesse. A questo aggiungo un partito dentro le istruzioni: non ha senso un partito estraneo e distinto dai percorsi amministrativi, è qui che si danno risposte alle comunità democratiche. Glu organismi immediatamente esecutivi e dipartimenti con una rappresentanza territoriale ma anche di interessi comuni. Circoli aperti, unioni zonali, incontri periodici tra le comunità democratiche, le istituzioni locali e regionali dove si costruisca il cerchio. Costruire un rapporto empatico con le comunità: dipartimento comunicazione, feste dell’unità nei circoli e festa dell’unità nazionale. Infine istituire la scuola di formazione per amministratori, stop ai “turisti per caso” nelle amministrazioni pubbliche.

 

Non voglio più vergognarmi di dire che faccio politica, che la faccio in un partito e che questo partito si chiama Partito Democratico. Iscriversi al Pd dovrà essere motivo di orgoglio per quello che si fa e di funzione non perchè tutto è già stato deciso. Ed allora chiudo con un appello, prima ai miei sostenitori, poi a tutti: in politica non ci sono nemici ma avversari e i nostri sono i populismi, non tra noi. Basta con le tifoserie. Questa è una partita da vincere insieme e sul campo, più polmoni e meno Twitter perché la partita da vincere non è solo il congresso del Partito Democratico, ma tutto quello che verrà dopo.

Viva la Basilicata! Viva il Partito Democratico e la Comunità dei Democratici!

 


 



 

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Mario Polese

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